E’ partita il 21 novembre la petizione “Salviamo il ceto medio” lanciata da CIDA, la Confederazione italiana dei dirigenti e delle alte professionalità, promossa su change.org e indirizzata alla Presidenza del Consiglio, al Ministro dell’Economia e al Ministro del Lavoro. L’obiettivo è quello di salvaguardare il ceto medio dai ripetuti interventi iniqui che ormai da anni colpiscono ingiustamente coloro che rappresentano il motore dell’economia e la reale fascia produttiva del Paese. Ci riferiamo a tutti i contribuenti da lavoro o da pensione da 35 mila euro lordi in su, che pagano il 63% di tutta l’Irpef e che anche in quest’ultima ultima legge di bilancio sono stati penalizzati.
“La categoria dirigenziale si fa portavoce della difesa di tutte le forze produttive e intraprendenti del Paese, presenti negli ambiti socioeconomici, pubblici e privati, che generano PIL, posti di lavoro e muovono l’economia e che nonostante ciò si sentono orfane di attenzione politica. Da troppi anni – denuncia Stefano Cuzzilla, Presidente CIDA – la classe media è colpita da reiterate vessazioni e ripetuti provvedimenti falsamente redistributivi che mettono seriamente a repentaglio i valori della professionalità e del merito. Il rischio è un progressivo assottigliamento della categoria con conseguente instabilità sociale. E’ con questa consapevolezza che abbiamo sentito l’urgenza di lanciare una petizione – spiega Cuzzilla – per chiedere un Paese più equo e giusto, che punti su lavoro, crescita, imprese produttive, stipendi più elevati e pari opportunità per giovani e donne senza sottrarre altre risorse a chi ha pagato onestamente tasse e contributi in un’economia alterata e inquinata dall’evasione. Se perdiamo il ceto medio perdiamo l’equilibrio di tutto il sistema e ipotechiamo il nostro futuro”.
La petizione, che in poco più di 24 ore ha già raccolto più di 10mila firme, si pone i seguenti obiettivi:
- sostenere il potere d’acquisto delle pensioni: applicare la perequazione per scaglioni in base all’art. 34 comma 1 legge 448/98 e all’art. 69, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n. 388
- dare trasparenza e consentire la reale sostenibilità finanziaria del sistema pensionistico: separare in maniera contabile la previdenza dall’assistenza
- dare maggiori opportunità di crescita retributiva: abolire il divieto di cumulo fra redditi e pensioni di qualsiasi tipo in applicazione dell’art. 19 del decreto-legge 112/2008.
- valorizzare i contributi previdenziali versati dai lavoratori: eliminare i tetti sulle prestazioni pensionistiche anticipate (Legge 92/2012 e art. 24 comma 11 DL 6 dicembre 2011 n.214)
- una maggiore equità fiscale: eliminare il meccanismo di riduzione progressiva delle detrazioni fiscali in relazione al reddito, individuato dall’art.1 comma 629 Legge 27 dicembre 2019, n.160.
- aumentare le risorse disponibili a famiglie e imprese: ridurre la progressività delle aliquote Irpef evitando disparità di trattamento fra le diverse categorie di lavoratori.
- rafforzare il welfare pubblico a sostegno di chi ha effettivamente bisogno: attivare una vera lotta all’evasione fiscale, utilizzando tutti i dati disponibili ed evitando i condoni
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