Una pagina per riflettere sulla professione del comunicatore, sulle prospettive del mercato delle RP e sulla crescita della nostra Agenzia, che compie in questi giorni 15 anni. Ma anche un’occasione per scherzare su hobbies e manie. Italia Oggi dedica al presidente di eprcomunicazione, Paolo Palleschi, un’intera pagina, nella rubrica “una professione al giorno”.
L’intervista su italia Oggi
Nell’era dell’immagine tutti passano prima o poi per la consulenza dei guru della comunicazione. È il caso di Paolo Palleschi che in 15 anni di carriera ha curato le pubbliche relazioni dei professionisti di tutti i settori, dalle istituzioni pubbliche alle grandi aziende, dalle onlus ai partiti politici. Guai però a chiamarlo pubblicitario.
Eprcomunicazione infatti, che ha fondato nel ’91 con l’amico Alberto Civardi, fu la prima società in Italia a fare comunicazione integrata unendo storie che venivano dalla pubblicità, dalle pubbliche relazioni e dalla politica. Tutti cioè prima o poi «si comunicano», per dirla con una vignetta dissacrante dedicatagli da Vincino e che trionfa nel suo studio.
«Il problema principale è capire quale messaggio vuole mandare il cliente, non esiste il messaggio perfetto. Col tempo ho capito che uno spot ha un valore comunicativo enorme per gli strumenti che ha e per le emozioni che muove, ma non basta, affianco serve un ragionamento che spieghi il come».
Una regola che, secondo Palleschi, vale anche nelle campagne elettorali in cui i candidati pensano che la differenza la facciano invece gli stratagemmi pubblicitari. «Il miglior look del candidato è il suo programma, non c’è dubbio, la campagna serve a sintetizzare le priorità, a semplificare un messaggio, poi le risposte le deve dare la politica», dice sorridendo mentre sfoglia i volantini elettorali collezionati negli anni.
«La tv non fa vincere le elezioni, la migliore campagna non sposta più del 2,5%. La verità è che i candidati danno sfogo alla loro libido: solo a Roma ce ne sono 4 mila, per forza che poi vengono fuori delle campagne deliranti. C’è anche chi cerca di delegarti i contenuti, una volta mi chiesero se potevo scrivere gli slogan per gli striscioni di una manifestazione».
L’era dell’immagine appunto, e dei tempi televisivi. Una passione per la comunicazione iniziata da ragazzo da direttore editoriale de L’Opinione e coltivata poi alle relazioni pubbliche di Confartigianato.
Epr invece è oggi fra le prime tre compagnie del settore, fattura oltre 6 mln di euro e ha di recente fondato coi colleghi della Mn di Roma il gruppo Mediante in grado di fare comunicazione a 360°.
Ultime fatiche dall’organizzazione della visita a Roma del Dalai Lama, insieme con Camillo Ricci, alla campagna antincendi per il Corpo forestale di cui ha curato dagli spot pubblicitari alla promozione
sociale nelle scuole.
«Mi divertirebbe fare le campagne a sfondo sociale che fanno nel Nord Europa e negli Usa, ma temo che in Italia non avrebbero lo stesso effetto», racconta mostrando i pezzi rari della sua collezione di modellini da corsa, con la sacralità di chi ha aspettato una vita prima di poterseli permettere. «Ne ho circa 1.200, ci gioco con i professionisti più disparati, uno in particolare è il mio pusher di pezzi vintage. La più prestigiosa è la Cox Chapparal, quella che da bambino non potevo permettermi».
Giocattoli che si uniscono agli ultimi ritrovati della tecnologia usati nel mondo delle comunicazioni e di fronte ai quali impallidiscono i Vhs dei primi anni 90.
«Uno strumento che funziona oggi sono gli sms, se centri il messaggio i tuoi complici diventano i cittadini che poi se lo passano».
Un comunicatore appassionato di contenuti senza i quali le immagini catturano l’attenzione ma non lasciano il segno. Palleschi sembra così l’eccezione a conferma della regola che vorrebbe i pubblicitari come degli spietati costruttori d’apparenze. «La creatività fa la differenza ma serve a memorizzare un brand, a catturare l’attenzione, la gente però non la inganni di certo».
Da Italia Oggi 22/11/2006